Chiesa dei SS. Michele e Caterina



Il documento più antico nel quale compare il nome Colognora è una pergamena dell’Archivio Arcivescovile di Lucca datata 29 agosto 828. Questo documento, che ha come riferimento diretto la chiesa di Villa a Roggio, si riferisce indirettamente anche al nostro paese. In esso si narra che un tal Aliprando del fu Aliperto, avendo edificato nel proprio territorio posto in Villa a Roggio la Chiesa di S. Stefano, la dota di alcuni beni fra i quali compaiono (traduco dal latino): “una casa che ho a Colognora sopra Roggio […] e la mia selva di castagni che ho, sempre in Colognora, nel luogo detto Praccle”.
Il documento è per noi interessante per vari motivi. Anzitutto ci informa che la coltivazione del castagno sulle nostre montagne è praticato da oltre mille e cento anni e ci dice che in questa nostra località viveva stabilmente fin dai tempi più antichi un nucleo di abitanti.
La stessa  notizia  è conservata da una pergamena dell’anno 864 la quale ci attesta che un certo Ghiso abitante a Colognora prende a livello dal vescovo di Lucca Geremia una casa ed altri beni in Vetriano. Inoltre sappiamo che il toponimo Colognora deriva dalla parola tardo latina “coloníola” che significa “piccola colonia”, che in linguaggio moderno possiamo tradurre villaggio.

Chiesa di San MicheleIl territorio che apparteneva a questo villaggio  era ed è  molto ampio e si estende dalle Fabbriche di Vallico e dalle foci di Gello fin sopra il il torrente Pedogna. E’ proprio su uno sperone roccioso che si ergeva su questo torrente e dal quale si poteva dominare “la via del sale” che, proveniente da Camaiore attraverso Lucese, passava lungo la Pedogna per giungere a Diecimo dove si immetteva nella via romana e, attraversata la Garfagnana, proseguiva  fino nella pianura padana che sorse il castello e l’antica chiesa di S. Michele.

I primi documenti ad esso relativi (il più antico è del 15 febbraio 1006) ce lo dicono di proprietà degli Ubaldi signori di Bozzano e consorti dei visconti di Anchiano e di Mozzano.
Fra gli anni 1125 e 1182 una terribile frana fece precipitare il castello in fondo alla valle dove alcuni vecchi affermavano di averne visto i ruderi. Dalla frana si salvò la chiesa di S. Michele (la prima notizia ad essa relativa è del 1048) perché costruita più a monte e che possiamo ancora oggi ammirare intatta nelle sue semplici e austere forme pre-romaniche. Era questo l’unico luogo di culto che serviva sia agli abitanti vicini al castello, sia ai coloni che abitavano a Colognora che nel 1471 erano raggruppati in appena undici famiglie.

La notevole distanza che separava gli abitanti di Colognora dalla loro parrocchia di S. Michele di Castello li spinse ad organizzarsi. Dagli atti della Visita Pastorale fatta nell’anno 1451 alla parrocchiale di Castello apprendiamo (traduco dal latino): “vi è anche un oratorio nella terra di Colognora in una casa di laici nel quale spesso si celebra la Messa”. Questa “casa di laici” è da identificarsi con la casa canonica di abitazione del Parroco, oggi sede del Museo del Castagno che, caso unico, si trova assai distante dalla chiesa - ed è ancora oggi la prima abitazione che si incontra salendo da Castello - e dove si possono intravedere nel muro esterno lungo la via che porta al centro del paese i segni di una scala che conduceva al primo piano e gli alloggiamenti di un ballatoio tamponato con pietre arenarie, nonché i chiari segni di una porta successivamente murata.

Le undici famiglie del 1451 dovettero in poco tempo aumentare di numero forse anche per la immigrazione di nuovi coloni. Sta di fatto che la piccola cappella non era più sufficiente per l’accresciuta popolazione tanto che da parte degli uomini di Colognora si chiese al vescovo il permesso di costruire una pubblica cappella. Il permesso fu concesso nel 1457.
Di questa cappella che venne costruita al centro dell’abitato non conosciamo né la forma né le dimensioni. La Visita Pastorale del 1493 ci da queste notizie (traduco dal latino): “visitò la chiesa o oratorio di Colognora il cui Rettore o Governatore è prete Nicolao del fu Giovanni di Valico Inferiore. Questa chiesa o oratorio situata nel Comune di Colognora non è consacrata e non è intitolata a nessuno. Il suddetto prete disse che era intitolata anche questa a S. Michele come lo è la chiesa battesimale situata fuori del Comune nel luogo detto “Castello”.

Verso la metà del ‘500 l’oratorio fu ampliato a tre navate poggianti su colonne monolitiche in pietra arenaria locale. Nei resoconti degli “operari” o amministratori della chiesa presentati alla Curia a cominciare dagli anni 1547 fino al 1557 si trovano annotate molte spese “in murando”.
E’ proprio questa data 1557 che troviamo incisa nell’architrave della porta destra in facciata, segno della conclusione della seconda fase dei lavori che si limitarono alle sole opere murarie. Mancava la decorazione interna e gli altari ai quali si pose mano successivamente. Il primo lavoro di decorazione, come è ovvio, fu per l’altare maggiore. Nel 1563 o 73 gli operari della chiesa, Giovanni Orsi e Michele Santi, affidavano al pittore modenese Simone Carretta che aveva lasciato fama di se per le pitture fatte nelle chiese dei paesi vicini, l’esecuzione di un grande dipinto per l’altare maggiore che ancora oggi ammiriamo.
Vi si vede al centro la Vergine col Bambino nell’atto di compiere il mistico sposalizio con Santa Caterina di Alessandria eletta con S. Michele compatrona della nuova chiesa. Alle spalle della Vergine si trovano sei santi: Michele Arcangelo, gli apostoli Simone e Giuda, Pietro, un vescovo e Giovanni Battista. Durante il secolo successivo fu eseguita la decorazione del coro con stucchi e scagliole. Gli autori sono ignoti ma, a nostro parere, sono  da attribuirsi alle stesse maestranze che avevano decorato con identici motivi la chiesa di S. Romano in Lucca. Ignoto è pure l’autore degli affreschi del coro che dallo stile sembrerebbero eseguiti in epoca settecentesca.
Nel 1660 troviamo già tre dei quattro altari laterali.

Questa la descrizione della chiesa  risultante dalla Visita Pastorale: “dal lato del vangelo dell’altar maggiore è l’altare di S. Antonio, laterizio, con ornamento in gesso. L’icona rappresenta l’immagine del SS. Crocifisso e i santi Antonio abate, Carlo e Francesco. […] Dal lato destro dell’ingresso è l’altare di S. Maria del Soccorso, laterizio, con ornamento in gesso. L’icona rappresenta l’immagine della Vergine del Soccorso. Dal lato sinistro dell’ingresso è l’altare della Vergine del Rosario, laterizio, con ornamenti in gesso. L’icona rappresenta l’immagine della Vergine col Bambino e i santi Domenico e Caterina da Siena e altri santi e intorno i misteri del rosario”.

Chiesa di Val di Roggio Questa tela non esiste più nella nostra chiesa. Non si parla dell’altare dal lato dell’epistola dove oggi si trova il dipinto della Madonna del Soccorso che probabilmente è stato costruito in epoca posteriore alla visita a meno che il cancelliere vescovile che ne ha esteso gli atti, non abbia fatto confusione! Rimane da segnalare una piccola ma importante opera d’arte che fa bella mostra di se sul pilastro destro fra l’altare maggiore e quello del Soccorso e cioè il tabernacolo “civitalesco” usato in antico per la conservazione della SS. Eucarestia. Fu scolpito negli anni 1483-84 da M° Nicolao da Carrara lapicida.

Giuseppe Ghilarducci

Le Vetrate della Chiesa

Il primo approccio con la pittura di Giovanni Lorenzetti l’ebbi circa trent’anni fa in modo del tutto casuale. Era parroco ad Antraccoli un mio compagno di corso e di ordinazione, Don Giovanni Galli, purtroppo prematuramente scomparso, andando a fargli visita fui attratto da un dipinto eseguito nella lunetta della porta della canonica che raffigurava a mezzo busto un San Sebastiano trafitto dalle frecce.

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